domenica 29 maggio 2016

#SPID vs #CNS - Similitudini e differenze

La diffusione di SPID (Sistema Pubblico Identità Digitale ) ha raggiunto la soglia di  50.000 identità rilasciate e tra gli utenti/concittadini nascono spontanea la domanda: "quali sono le differenze significative tra CNS e SPID?"

Senza ambizione di fornire una risposta completa ho voluto dare il mio contributo con questo breve riepilogo


Similitudine  - Obiettivo in comune

I due strumenti hanno uno scopo comune: essere strumenti per l'accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni per i quali sia necessaria l'identificazione informatica. (art 64 Codice amministrazione Digitale )
Questa sovrapposizione di obiettivi viene poi ribadito nello schema di decreto di aggiornamento della norma principe per il digitale al punto che la corte di stato commenta nel proprio parere commenta:
"Ai sensi delle succitate novelle, quindi, l’accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni sarà possibile esclusivamente tramite SPID, carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi,...."
I due sistemi sono quindi strumenti alternativi di accesso ai servizi della pubblica amministrazione per cui ogni cittadino potrà scegliere quello che maggiormente si confà alle proprie esigenze.

Similitudine - Gratuità quasi completa

La CNS nella sua forma di TS-CNS è completamente gratuita, in altre forme (vedi camere di commercio ad esempio) può avere un costo.
Rimane il costo (una tantum) del lettore di smart card (circa 10 Euro).

SPID nella sua forma di credenziali di livello 1 e 2 è gratuita ALMENO per i primi anni di servizio, il direttore di AGID, Antonio Samaritani, si è impegnato a far sì che rimanga gratuita anche dopo i primi due anni (scrivetemi per avere il vide)

Differenza -Livello di sicurezza

La Normatica Europea  prevede tre livelli di sicurezza  (clicca per vedere la norma).
SPID prevede credenziali di tutti i livelli (ad oggi è possibile ottenere solo credenziali dei 2 livelli minori).
La CNS invece ricade solo nel massimo livello di sicurezza.
Quindi in sintesi:
Con la CNS sarà possibile accedere a tutti i servizi della pubblica amministrazione soggetti dal codice dell'amministrazione digitale.
Con una credenziale  SPID di livello 2 sarà possibile accedere a tutti i servizi della pubblica amministrazione ad eccezione di quelli per cui è necessario il massimo livello di sicurezza.
I livelli di sicurezza minimi per le tipologie di servizi  sono normati nelle regole tecniche di SPID e Agid dovrebbe fornire una categorizzazione dei servizi sui vari livelli.



Differenza - Neutralità Tecnologica

SPID prevede che esista almeno una soluzione assolutamente immateriale per cui non sia necessario installare driver o dispositivi aggiuntivi.
La CNS per sua natura è un dispositivo materiale e fisico sia nella forma di smart card (e necessita di un lettore apposito), sia nella forma USB (per cui necessita comunque di una fase di installazione)

Differenza - Pubblico e Privato

La CNS può essere emessa esclusivamente da un ente pubblico mentre  la credenziale SPID da un soggetto accreditato anche privato (ed ad oggi eslcusivamente privato)

La CNS è orientata all'interazione con la Pubblica Amministrazione, SPID si pone l'obiettivo di poter essere utilizzata anche su servizi privati (e-commerce, e-banking ecc...)

ALTRO?

Chi volesse suggerire ulteriori differenze o similitudi può farlo utilizzando in commenti sul blog.

Un saluto



costituiscono strumenti per l'accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni per i quali sia necessaria l'identificazione informatica.
costituiscono strumenti per l'accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni per i quali sia necessaria l'identificazione informatica.
costituiscono strumenti per l'accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni per i quali sia necessaria l'identificazione informatica.

mercoledì 25 maggio 2016

Nuovo codice amministrazione digitale - testo completo parere consiglio di stato

Numero 01204/2016 e data 17/05/2016
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REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato
Adunanza della Commissione speciale del 11 maggio 2016

NUMERO AFFARE 00430/2016
OGGETTO:
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione.

Schema di decreto legislativo recante “modifiche e integrazioni al Codice dell’Amministrazione Digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle Amministrazione pubbliche”.

LA COMMISSIONE SPECIALE
Vista la nota del 29 febbraio 2016, di trasmissione della relazione del 25 febbraio 2016, con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto in oggetto;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 32 del 1° marzo 2016 che ha istituito la Commissione speciale per l’esame dello schema di decreto legislativo in oggetto;
Visto il parere interlocutorio reso nell’Adunanza del 17 marzo 2016;
Vista la nota del 26 aprile 2016, prot. n. 180/16/UL/P, con cui l’Amministrazione proponente ha riscontrato il predetto parere interlocutorio;
Esaminati gli atti e uditi i Presidenti aggiunti Mario Luigi Torsello e Luigi Carbone nonché i relatori Claudio Boccia e Alessandro Maggio.

Premesso e considerato.
1. Con il parere interlocutorio reso nell’Adunanza del 17 marzo 2016 - cui si rinvia per una puntuale disamina del contenuto dell’atto normativo in esame - la Commissione speciale ha rilevato alcuni profili di criticità presenti nello schema di decreto legislativo in epigrafe e, conseguentemente, ha invitato l’Amministrazione proponente a fornire dei “chiarimenti su specifiche tematiche di particolare rilevanza”, sospendendo nelle more l’espressione del richiesto parere.
Tramite la succitata pronuncia interlocutoria la Commissione speciale ha, inoltre, formulato alcune osservazioni di carattere sia sostanziale sia formale, invitando l’Amministrazione, al fine di “non rallentare il raggiungimento dei condivisi obiettivi sottesi” all’intervento normativo de quo, a tenerne conto in sede di stesura definitiva del provvedimento.
2. Con la nota del 26 aprile 2016, prot. n. 180/16/UL/P, l’Amministrazione proponente ha fornito le informazioni richieste.
Più nel dettaglio, l’Amministrazione - in relazione alla richiesta di chiarimenti concernente la scelta di prevedere che i documenti elettronici corredati da firma elettronica semplice soddisfano il requisito della forma scritta e hanno l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del codice civile (art. 21 del nuovo CAD) - ha riferito che la decisione di superare la previgente disciplina - che demandava al giudice la valutazione dell’efficacia probatoria dei succitati documenti - è finalizzata a “fornire maggiore certezza” ai soggetti che utilizzano tale tipo di documento elettronico, permettendo una più ampia diffusione di tale strumento oltre ad essere coerente con gli artt. 25 e 46 del Regolamento eIDAS.
L’Amministrazione, tuttavia, riscontrando quanto rilevato nel succitato parere interlocutorio e a seguito “dell’approfondimento effettuato nel corso di alcune audizioni con esperti della materia”, ha comunicato che sta valutando “l’opportunità di procedere all’espunzione della modifica proposta … lasciando vigente la disciplina attuale che rimette alla libera valutazione del giudice, caso per caso, il riconoscimento di un valore giuridico al documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice”.
Per quanto riguarda la richiesta di chiarimenti concernente l’art. 25 del decreto legislativo, recante modifiche all’art. 27 (“Prestatori di servizi fiduciari qualificati, gestori di posta elettronica certificata, gestori dell’identità digitale di cui all’articolo 64 e conservatori”) del CAD, il Ministero ha riferito che la scelta di prevedere, per i soggetti che intendono avviare la prestazione di servizi fiduciari qualificati o svolgere l’attività di gestore di posta elettronica certificata, di gestore dell’identità digitale e di conservatore di documenti informatici, la “forma giuridica di società di capitali” nonché un “capitale sociale non inferiore” a 5 milioni di euro, è stata mutuata da quanto già previsto dall’ordinamento per i certificatori di firma digitale, cui peraltro è richiesto un capitale sociale di almeno 10 milioni di euro, e che la medesima trova il suo fondamento nella circostanza che “il concetto di servizi fiduciari presuppone … un alto livello di fiducia da cittadini, imprese e amministrazioni e che gli erogatori di tali sevizi non solo devono essere sicuri ma devono anche essere percepiti come tali”.
L’Amministrazione, in aggiunta a quanto precede, ha altresì comunicato che la succitata novella fa in ogni caso salva la disciplina attualmente vigente per i gestori di posta elettronica certificata e per i conservatori di cui all’art. 27 del CAD, cui è richiesto, rispettivamente, un capitale sociale minimo di 1 milione di euro e di 200.000 euro.
Per quanto concerne, invece, i gestori d’identità digitale aderenti allo SPID, l’Amministrazione - in considerazione del fatto che “l’identità SPID è costituita da credenziali con caratteri differenti in base al livello di sicurezza richiesto per l’accesso al servizio” - ha comunicato che sta valutando la possibilità di introdurre una graduazione del requisito del capitale sociale minimo previsto dal predetto art. 25 del decreto “in relazione al livello di sicurezza dell’identità SPID offerto dal gestore”.
L’Amministrazione, inoltre, relativamente alla richiesta di chiarimenti concernente la “anonimizzazione” dei dati personali recati dalle sentenze, ai sensi dell’articolo 62, comma 5, lettera b) del decreto legislativo, ha, da un lato, rilevato che tale previsione potrebbe rientrare nei criteri di delega di cui all’art. 1, comma 1 della legge n. 124 del 2015 - nella parte in cui prevedono che il decreto in esame debba “garantire ai cittadini e alle imprese, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalità digitale” nonché “garantire l’accesso e il riuso gratuiti di tutte le informazioni prodotte e detenute dalle amministrazioni pubbliche in formato aperto” - e, dall’altro lato, ha comunicato che procederà a valutare la compatibilità di quanto disposto dal succitato art. 62, comma 5, lettera b) del decreto con i criteri di delega di cui alla normativa primaria di riferimento, “in vista di una eventuale espunzione” della disposizione de qua dall’articolato.
In relazione alla richiesta di chiarimenti formulata in merito all’abrogazione dell’obbligo per le pubbliche amministrazioni di predisporre appositi piani di emergenza (piano di continuità operativa e piano di “disaster recovery”) per superare eventuali situazioni di criticità dei sistemi informatici, l’Amministrazione ha rilevato che la disciplina in materia recata dall’abrogato art. 50 bis del CAD “è da ritenersi ricompresa nel novellato art. 51 del Codice”, nella parte in cui dispone che le regole tecniche di cui all’art. 71 del CAD debbano anche individuare delle modalità che garantiscano “l’esattezza, la disponibilità, l’accessibilità, l’integrità e la riservatezza dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture” informatiche, in attuazione, peraltro, del criterio di delega di cui all’art. 1. comma 1, lett. m) della legge n. 124 del 2015.
Inoltre, sempre relativamente alla succitata tematica, il dicastero proponente ha sottolineato che le regole tecniche di cui all’art. 71 del CAD risultano uno strumento più flessibile rispetto al disposto del citato art. 50 bis del CAD e, quindi, più idoneo a tener conto dell’evoluzione tecnologica del settore, circostanza quest’ultima di sicuro rilievo atteso che “la progettazione e realizzazione di soluzioni per la continuità operativa ed il disaster recovery sono fortemente dipendenti dalle tecnologie in rapida evoluzione”.
A quanto precede l’Amministrazione ha, poi, aggiunto di aver adottato, al fine di garantire adeguate misure di continuità operativa e contro i rischi da alluvioni o altre calamità, il d. P.C.M. 22 febbraio 2013 (“Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali”), il quale prevede che i certificatori debbano “definire piani per la sicurezza, la continuità operativa e il disaster recovery”.
Infine, l’Amministrazione non ha formulato alcun rilievo in merito alle osservazioni, di carattere sostanziale e formale, recate dal parere interlocutorio in epigrafe.
3. Tutto ciò premesso, la Commissione speciale rileva, in primo luogo, che la stessa Amministrazione, tramite la nota in epigrafe, ha fornito in riscontro al parere interlocutorio del 17 marzo 2016 i chiarimenti richiesti, dai quali emergono sia le motivazioni sottese ad alcune scelte normative compiute dall’Amministrazione stessa nell’ambito del decreto legislativo in esame sia le ulteriori valutazioni che il dicastero proponente sta tutt’ora compiendo al fine di superare le problematicità emergenti dal contenuto del decreto in oggetto.
Più nel dettaglio, per quanto concerne la tematica relativa al valore probatorio dei documenti elettronici corredati da firma elettronica semplice, la Commissione speciale accoglie con favore il fatto che l’Amministrazione stia valutando l’opportunità di procedere all’espunzione della modifica proposta, attraverso la quale si assegna a tali documenti un valore probatorio predefinito, e ciò in quanto - come già esplicitato nel predetto parere interlocutorio - la novella potrebbe avere riflessi non positivi sullo svolgimento dell’attività processuale.
Per quanto riguarda la tematica del capitale sociale minimo di 5 milioni di euro, richiesto per l’accreditamento ai gestori dell’identità digitale aderenti allo SPID (art. 25 del CAD), la Commissione speciale non può che prendere atto di quanto comunicato dall’Amministrazione proponente sia relativamente alle motivazioni sottese a tale scelta sia in merito alla decisione di valutare la possibilità d’introdurre una graduazione del succitato requisito “in relazione al livello di sicurezza dell’identità SPID offerto dal gestore”, atteso che detta determinazione va nella direzione indicata nel parere interlocutorio, ovvero quella della ricerca “di un punto di equilibro fra l’esigenza di selezionare aziende che, anche tramite una adeguata capitalizzazione societaria, assicurino un servizio conforme agli standard individuati dall’Amministrazione stessa e quella di non escludere dal mercato società che, pur in possesso di accertati requisiti di affidabilità, non dispongano del capitale societario richiesto dall’articolo de quo”.
In relazione a quanto precede, tuttavia, la Commissione speciale, al fine di prevenire possibili forme di contenzioso, ritiene opportuno invitare l’Amministrazione proponente a tenere in debita considerazione quanto statuito dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1214 del 24 marzo 2016, che ha confermato la sentenza del Tar per il Lazio n. 9951 del 21 luglio 2015 con cui è stato annullato l’art. 10, comma 3, lett.a) del d. P.C.M. 24 ottobre 2014, recante un requisito di capitale sociale minimo identico a quello di cui al citato art. 25 del CAD.
Sempre con riferimento alla tematica de qua, la Commissione speciale ritiene, infine, doveroso precisare che le osservazioni formulate derivano dall’esigenza di rispettare la normativa europea e quella costituzionale - quale ad esempio la normativa concernente la libera concorrenza e quella relativa alla libertà di mercato - atteso che anche con riferimento a tali disposizioni deve essere valutata la logicità e la razionalità delle scelte operate dall’Amministrazione con il decreto legislativo in esame.
La Commissione speciale, inoltre, ritiene di esprimere il proprio favorevole avviso sulla decisione, assunta dall’Amministrazione, di procedere a una nuova valutazione in merito alla compatibilità di quanto disposto dall’art. 62, comma 5, lettera b) del decreto - relativo alla “anonimizzazione” dei dati personali contenuti nelle sentenze e negli altri atti dell’autorità giudiziaria - con i criteri di delega recati dall’art. 1 della legge n. 124 del 2015, “in vista di una eventuale espunzione” della disposizione de qua dall’articolato. E ciò nella considerazione che la generalizzata “anonimizzazione” delle decisioni dell’autorità giudiziaria, svincolata da una valutazione caso per caso da parte degli organi giudicanti già prevista dalla vigente normativa, potrebbe comportare - come esposto nel parere interlocutorio in epigrafe - un “ingiustificato” appesantimento dell’attività amministrativa connessa con l’esercizio della funzione giurisdizionale, con conseguenti effetti negativi sull’efficacia e sulla speditezza della stessa.
Per quanto concerne, invece, la tematica della continuità operativa e del “disaster recovery”, la Commissione speciale non può che prendere atto di quanto comunicato dall’Amministrazione proponente in merito alle motivazioni sottese alla decisione di procedere all’abrogazione dell’art. 50 bis del CAD, atteso che tale decisione non risulta né illogica né irragionevole e non si pone in contrasto con i criteri di delega recati dalla normativa di rango primario di riferimento.
Da ultimo, in relazione alle osservazioni di carattere sostanziale e formale recate dai nn. 7 e 9 del parere interlocutorio in epigrafe, di cui l’Amministrazione è stata invitata a tener conto in sede di stesura definitiva del provvedimento normativo de quo, la Commissione speciale ritiene di doversi limitare a ribadire quanto già osservato nel parere interlocutorio, non avendo il dicastero proponente formulato alcun rilievo in merito a tali osservazioni.
4. Ciò posto, la Sezione deve altresì rilevare che, successivamente all’adozione del parere interlocutorio del 16 marzo 2016, con la nota del 19 aprile 2016, pervenuta presso questo Consiglio di Stato il successivo 27 aprile, l’Associazione monitori esterni qualificati (AMEQ) ha posto all’attenzione della Commissione speciale il fatto che l’art. 64 del decreto in esame abroga l’art. 13 del d. lgs. n. 39 del 1993, “norma che regola l’obbligo da parte delle Amministrazioni pubbliche di effettuare il monitoraggio dei contratti informatici di grande rilievo”, specificando che tale circostanza - in assenza di una nuova disposizione sul punto - potrebbe mettere a repentaglio il conseguimento di importanti benefici in termini di miglioramento della qualità dei servizi erogati e di risparmi di spesa derivanti dal monitoraggio dei contratti informatici di “grande rilievo” sino ad ora effettuato da parte delle imprese certificate ai sensi del succitato art. 13 del d. lgs. n. 39 del 1993.
La Commissione speciale, pertanto, ritiene opportuno invitare l’Amministrazione proponente a valutare, in sede di stesura definitiva del presente provvedimento, quanto evidenziato dalla predetta associazione di categoria, attesa l’importanza e la delicatezza del tema dalla medesima sollevato.
5. In considerazione di quanto sin qui esposto, la Commissione speciale ritiene che lo schema di decreto legislativo in esame, a seguito dei chiarimenti forniti dall’Amministrazione, meriti parere favorevole con l’osservazione formulata al n. 3 del presente parere relativamente all’individuazione del capitale sociale richiesto per l’accreditamento dei gestori dell’identità digitale aderenti allo SPID nonché con le osservazioni di cui ai numeri 7 e 9 del parere interlocutorio del 17 marzo 2016 che per ragioni sistematiche e di facilità di consultazione vengono di seguito riportate.
6. Osservazioni di cui al n. 7 del parere interlocutorio del 16 marzo 2016: “7. Allo scopo di non rallentare il raggiungimento dei condivisi obiettivi sottesi all'intervento in esame, la Commissione speciale - per quanto riguarda le restanti parti del provvedimento e impregiudicata ogni altra questione in rito e nel merito - intende formulare, già con il presente parere, alcune osservazioni che potranno essere valutate dall’Amministrazione stessa in sede di stesura definitiva del provvedimento.
7.1. La Commissione speciale ritiene di formulare una prima osservazione in relazione all’articolo 1, recante modifiche all’art. 1 (“Definizioni”) del CAD.
In particolare, si osserva che l’articolo in esame inserisce nel CAD la definizione di “domicilio digitale”, da intendersi come “l’indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio qualificato di recapito che consenta la prova del momento di ricezione di una comunicazione tra i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, e le persone fisiche e giuridiche”.
Il tenore letterale della succitata disposizione, quindi, limita l’ambito soggettivo di utilizzo del domicilio digitale alle sole “persone fisiche e giuridiche” precludendo, in tal modo, la possibilità di utilizzare detto servizio ai soggetti non esplicitamente richiamati come, ad esempio, le associazioni non riconosciute: potrebbe, quindi, essere opportuno estendere l’ambito di applicazione della novella de qua, sostituendo il richiamo ivi previsto alle “persone fisiche e giuridiche” con quello ai “soggetti giuridici”, in ossequio, peraltro, al generale principio di cui al novellato art. 3 del CAD, ai sensi del quale “chiunque ha il diritto di usare le soluzioni e gli strumenti di cui al presente Codice nei rapporti con i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2 …”.
7.2. Per quanto concerne l’articolo 2, recante modifiche all’art. 2 del CAD (“Finalità e ambito di applicazione”), la Commissione speciale osserva che il medesimo, alla lettera c), primo periodo stabilisce che le disposizioni del CAD si applicano “nel rispetto della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali e, in particolare, delle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.”
In proposito si osserva che sarebbe necessario raccordare tale disposizione con quanto previsto dal decreto legislativo recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza….” in fase di approvazione definitiva da parte del Governo.
La Commissione speciale, inoltre, rileva che la lettera c), ultimo periodo, prevede che “le disposizioni del presente Codice si applicano altresì al processo civile e penale in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico” senza, tuttavia, richiamare né le disposizioni relative al processo amministrativo telematico, di cui all’art. 13 dell’allegato II al c.p.a. - di recente sottoposte all’esame della Sezione Atti Normativi (Cons. di Stato, Sez. Atti Normativi, 29 gennaio 2016, n. 66/2016) - né quelle concernenti i processi contabili e tributari.
Pertanto, al fine di un’applicazione quanto più possibile omogenea delle disposizioni di cui al decreto in esame, la Commissione speciale ritiene che si potrebbe far luogo a un’integrazione della succitata disposizione, prevedendo un esplicito richiamo ai processi amministrativi, contabili e tributari. E ciò anche in considerazione del fatto che, come già esplicitato nel parere da ultimo citato, il regolamento recante le regole tecnico-operative per l’attuazione del processo amministrativo telematico “non sancisce espressamente l’applicabilità al processo amministrativo telematico dei principi posti dal Codice dell’amministrazione”.
7.3. Per quanto concerne l’articolo 8 del decreto de quo, che modifica l’art. 7 (“Qualità dei servizi resi e soddisfazione dell'utenza”) del CAD, la Commissione speciale rileva che il primo periodo stabilisce che “gli standard e i livelli di qualità sono periodicamente aggiornati dall’Agid, tenuto conto dell’evoluzione tecnologica degli standard di mercato”.
In proposito si rileva che i criteri con cui devono essere aggiornati gli standard appaiono definiti dalla norma in maniera generica: motivo per cui sarebbe necessario rivisitare la succitata disposizione, prevedendo criteri di revisione più puntuali che integrino quelli già individuati dall’articolo in esame.
La Commissione speciale osserva, inoltre, che l’ultimo periodo della disposizione in esame prevede che “in caso di violazione degli obblighi di cui al presente articolo, gli interessati possono agire in giudizio, nei termini e con le modalità stabilite nel decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198”, concernente la cosiddetta “class action”.
Orbene, si rileva che il tenore letterale della succitata disposizione potrebbe far ritenere che i soggetti interessati possano esperire “esclusivamente” l’azione di cui al succitato d. lgs. n. 198 del 2009, con la conseguenza che a questi ultimi sembrerebbe preclusa la possibilità di adire gli organi giurisdizionali attraverso gli ordinari strumenti di tutela: pertanto, in considerazione di quanto esposto, si ritiene che al succitato art. 8, comma 1, ultimo periodo, dopo le parole “in giudizio…”, potrebbe essere inserita la parola “anche…”, al fine di evitare che tale disposizione sia interpretata in maniera restrittiva.
7.4. Per quanto concerne l’articolo 17 del decreto legislativo, recante modifiche all’art. 20 (“Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici”) del CAD, la Commissione speciale rileva che, in base a tale disposizione, “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità”.
La novella introdotta dal succitato articolo, quindi, demanda agli organi giudicanti la verifica dell’idoneità dei documenti informatici privi di firma a soddisfare, in relazione ai parametri individuati dall’articolo stesso, il requisito della forma scritta.
In relazione a quanto esposto potrebbe essere opportuno, in sede di stesura definitiva del presente decreto, inserire nell’articolo in esame un rinvio alla norme tecniche relative ai processi telematici, per far si che le medesime disciplinino con un adeguato grado di dettaglio e con riferimento alla specificità dei singoli procedimenti, i parametri tecnici necessari agli organi giudicanti al fine di una corretta valutazione dell’adeguatezza dei documenti informatici privi di firma a soddisfare il requisito della forma scritta. Ciò sia in considerazione del fatto che quanto precede si trasformerebbe in un utile ausilio agli organi giudicanti che non necessariamente sono in possesso delle competenze tecniche per poter autonomamente procedere alla valutazione prevista nel presente articolo sia in ragione della circostanza che quanto proposto non risulta in contrasto con il più volte citato regolamento eIDAS, che non reca una disciplina specifica del valore probatorio dei documenti informatici privi di firma, limitandosi a stabilire il generale principio di non discriminazione di detti documenti, ai sensi del quale non può negarsi valore giuridico ad un determinato documento informatico solo in ragione della sua forma elettronica (art. 25 del citato regolamento).
7.5. In relazione all’articolo 19 con il quale si procede a modificare l’art. 22 (“Copie informatiche di documenti analogici”) del CAD, la Commissione speciale osserva che la disposizione in esame aggiunge al comma 3 del citato art. 22 un ulteriore periodo, ai sensi del quale “il disconoscimento non può essere effettuato se la copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico è prodotta mediante processi e strumenti che assicurino che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto, previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell’originale e della copia”.
La succitata novella, quindi, sembra precludere qualsiasi possibilità di disconoscimento delle copie per immagini su supporto informatico di documenti analogici nei casi in cui si siano seguiti processi o si siano utilizzati strumenti “che assicurino che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto”, dando non sufficiente rilievo alla circostanza che anche in tali fattispecie vi è la possibilità che il documento informatico non risponda all’originale o in ragione di problematiche tecniche o per via di errori umani non sempre evitabili.
Pertanto, in considerazione di quanto esposto, la Commissione speciale invita l’Amministrazione a valutare la possibilità di modificare l’articolo in esame, al fine di rendere comunque possibile il disconoscimento delle copie per immagini su supporto informatico di documenti analogici in specifiche e limitate fattispecie.
7.6. L’articolo 33 reca delle marginali modifiche all’art. 37 (“Cessazione dell'attività”) del CAD, in materia di cessazione dell’attività da parte dei prestatori di servizi fiduciari qualificati, aggiornando la terminologia ivi prevista in base a quanto contenuto nel regolamento eIDAS e prevedendo al comma 4-bis che “qualora il prestatore (di servizi fiduciari qualificato) cessi la propria attività senza indicare … un prestatore di servizi fiduciari qualificato sostitutivo e non si impegni a garantire la conservazione e la disponibilità della documentazione … e delle ultime liste di revoca emesse, deve provvedere al deposito presso l’Agid che ne garantisce la conservazione e la disponibilità”, senza tuttavia stabilire alcuna specifica sanzione in caso di violazione degli obblighi di cui alla citata normativa.
Ne deriva, quindi, che la violazione di tali obblighi - oltre a rilevare sul piano dell’eventuale risarcimento danni per i soggetti incisi da tali violazioni - potrebbe essere perseguita dall’Agid esclusivamente attraverso le ordinarie sanzioni di cui all’art. 32-bis, comma 1 del CAD, consistenti in “sanzioni amministrative … per importi da un minimo di euro 2.000,00 a un massimo di euro 20.000,00” che, tuttavia, potrebbero risultare non adeguate a garantire una soddisfacente tutela dell’interesse protetto dalla norma in esame.
Pertanto, in considerazione di quanto esposto, la Commissione speciale invita l’Amministrazione a valutare la possibilità d’inserire nell’articolo in esame anche una disposizione relativa a specifiche sanzioni amministrative - più incisive di quelle previste in via generale dal citato art. 32-bis del CAD - nei confronti dei soggetti che non ottemperino a quanto previsto nel medesimo articolo nonché misure più cogenti finalizzate a consentire comunque all’Agid di entrare in possesso della documentazione conservata dal prestatore di servizi fiduciari qualificato che abbia cessato la propria attività.
7.7. Per quanto concerne l’articolo 37, la Commissione speciale osserva che il medesimo introduce un nuovo comma 1-bis all’art. 43 (“Riproduzione e conservazione dei documenti”) del CAD, ai sensi del quale “se il documento informatico è conservato per legge da una pubblica amministrazione, cessa l’obbligo di conservazione a carico dei cittadini e delle imprese che possono in ogni momento richiedere accesso ai sensi delle regole tecniche di cui all’articolo 71
Tale articolo ha suscitato diverse perplessità fra gli addetti ai lavori e fra le associazioni di categoria, che hanno visto in quest’ultimo una diminuzione delle tutele riservate alla cittadinanza, atteso che i compiti di conservazione dei documenti, ai sensi di tale novella, ricadrebbero esclusivamente sull’Amministrazione, lasciando conseguentemente i soggetti interessati privi dei mezzi per poter provare l’esistenza di un determinato documento.
In relazione a quanto precede la Commissione speciale deve, tuttavia, rilevare che, secondo l’inequivoco dato letterale della succitata disposizione, la medesima supera esclusivamente l’obbligo per i cittadini e le imprese di conservare documenti già in possesso della PA, ma non elimina la facoltà, per questi ultimi, di detenerne una copia qualora lo ritengano necessario: sotto questo profilo, quindi, la norma in esame non si sostanzia in una diminuzione delle tutele riservate a cittadini ed imprese quanto piuttosto in uno strumento di semplificazione degli oneri a carico di questi ultimi, con la conseguenza che non si hanno osservazioni da formulare al riguardo.
Tuttavia, la Commissione speciale deve rilevare che la succitata disposizione comporta il venir meno dell’obbligo di conservazione solo qualora il documento sia detenuto ex legeda una pubblica amministrazione” escludendo, in tal modo, che si possa verificare il medesimo effetto qualora la relativa documentazione sia conservata per legge da uno degli altri soggetti individuati dall’art. 2, comma 2 del CAD, così come novellato dall’articolo 2 del decreto in esame, ovvero dalle “società a controllo pubblico, come definite nel decreto legislativo adottato in attuazione dell’articolo 18 della legge n. 124 del 2015, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311”.
Pertanto, in ragione di quanto esposto, si invita l’Amministrazione a valutare la possibilità di estendere l’ambito di applicazione di quest’ultimo non soltanto alle pubbliche amministrazioni ma anche agli altri soggetti individuati dal novellato art. 2, comma 2 del CAD, ai sensi del quale le disposizioni del Codice si applicano anche alle “società a controllo pubblico…”, così come in precedenza definite.
Sotto altro profilo la precitata disposizione trova applicazione solamente nei confronti di “cittadini ed imprese”, con la conseguenza che dovrebbe ritenersi comunque vigente, a seguito della novella in esame, l’obbligo generalizzato di conservazione dei documenti - anche qualora siano ex lege in possesso dell’Amministrazione - per i soggetti diversi da quelli in precedenza citati, fra i quali, ad esempio, le associazioni: potrebbe, quindi, essere opportuno estendere l’ambito di applicazione della novella in esame anche a soggetti differenti rispetto ai cittadini ed alle imprese, in ossequio al generale principio di cui al novellato art. 3 del CAD, ai sensi del quale “chiunque ha il diritto di usare le soluzioni e gli strumenti di cui al presente Codice nei rapporti con i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2 …”.
Infine, la Commissione speciale osserva che l’ultimo periodo della disposizione de qua stabilisce che cittadini e imprese possano “in ogni momento richiedere accesso ai sensi delle regole tecniche di cui all’articolo 71” senza, tuttavia, richiamare la normativa in materia di accesso agli atti recata dal Capo V della legge n. 241 del 1990 e dal decreto legislativo recante “Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza…” in fase di approvazione definitiva da parte del Governo: la Commissione speciale, pertanto, invita l’Amministrazione ad integrare l’articolo con un esplicito richiamo alle succitate disposizioni.
7.8. L’articolo 38 reca alcune modifiche all’art. 44 (“Requisiti per la gestione e conservazione dei documenti informatici”) del CAD, introducendo, in particolare, specifici requisiti per la gestione informatica dei documenti digitali.
La novella distingue le funzioni relative alla gestione dei predetti documenti rispetto a quelle relative alla conservazione di questi ultimi, procedendo ad abrogare le disposizioni relative al sistema di conservazione dei documenti informatici: in altri termini, l’articolo in esame differenzia le funzioni di gestione della documentazione informatica da quelle di conservazione della documentazione stessa senza, tuttavia, specificare i requisiti e le modalità attraverso le quali svolgere la funzione da ultimo citata.
Pertanto, in considerazione di quanto precede, la Commissione speciale invita l’Amministrazione a introdurre, nel testo dell’articolo, puntuali previsioni normative relative al sistema di conservazione dei documenti informatici o, in alternativa, a valutare l’opportunità di prevedere un’unica attività di “gestione e conservazione” di tale documentazione, regolata dalle disposizioni già inserite nella norma in esame.
7.9. L’articolo 42 interviene sull’articolo 51 del CAD stabilendo che l’Agid attui il Quadro strategico nazionale per la sicurezza dello spazio cibernetico e il Piano Nazionale per la sicurezza cibernetica e la sicurezza informatica al fine di coordinare le iniziative di prevenzione e gestione degli incidenti di sicurezza informatici.
La Commissione speciale osserva in proposito che l’articolo non opera alcun riferimento agli organi dello Stato preposti alla sicurezza e che, trattandosi di una materia particolarmente delicata, occorre integrare il testo della disposizione, prescrivendo che l’Agid nelle attività di sua competenza in materia di sicurezza informatica raccordi il proprio operato con quello dei succitati organi.
7.10. L’articolo 52 reca modifiche all’art. 64 del CAD, introducendo un’organica disciplina del “Sistema pubblico per la gestione delle identità digitali”, ovvero il cosiddetto SPID, definito dal medesimo articolo come “insieme aperto di soggetti pubblici e privati che, previo accreditamento da parte dell'Agid, secondo modalità definite con il decreto di cui al comma 2-sexies, identificano cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni per consentire loro l’accesso ai servizi in rete” attraverso l’utilizzo di un solo nome utente e password.
In relazione al contenuto di tale articolo la Commissione speciale deve, in primo luogo, rilevare che il medesimo, nella sua attuale formulazione, prevede la possibilità di utilizzare i servizi in rete solamente per “cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni”, escludendo quindi dall’ambito di applicazione della disposizione i soggetti non esplicitamente richiamati come, ad esempio, le associazioni: potrebbe, quindi, essere opportuno estendere l’ambito di applicazione della novella in esame anche a soggetti differenti rispetto ai cittadini, alle imprese ed alle pubbliche amministrazioni, in ossequio al già richiamato principio di cui al novellato art. 3 del CAD, ai sensi del quale “chiunque ha il diritto di usare le soluzioni e gli strumenti di cui al presente Codice nei rapporti con i soggetti di cui all’articolo 2, comma 2 …”.
Sotto un differente profilo, inoltre, la Commissione speciale deve rilevare che la previsione in esame, nella parte in cui disciplina con adeguato grado di dettaglio lo SPID, non sembra tuttavia coordinarsi in maniera sufficientemente organica con gli altri strumenti attraverso i quali i soggetti privati possono interloquire con la pubblica amministrazione.
La succitata disciplina, infatti, non sembra raccordarsi con quella relativa alla PEC, circostanza questa di particolare rilevanza atteso che quest’ultima risulta un mezzo ordinario di relazione fra i cittadini e la pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 48 del CAD il quale dispone che “la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata…”.
La medesima, inoltre, sembra in parte sovrapporsi con quella relativa alla carta di identità elettronica ed alla carta nazionale dei servizi, recata dal novellato art. 66 del CAD, creando una possibile duplicazione dei mezzi di accesso ai servizi resi in rete dalla pubblica amministrazione, così come confermato dallo stesso articolo in esame il quale aggiunge all’art. 64 del CAD un nuovo comma 2-nonies, ai sensi del quale si può accedere ai succitati servizi “anche con la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi”.
Pertanto, in considerazione di quanto precede, s’invita l’Amministrazione a valutare la possibilità di integrare il contenuto dell’articolo de quo prevedendo delle specifiche norme di raccordo fra la disciplina relativa allo SPID e quelle concernenti sia la PEC che gli strumenti di cui al novellato art. 66 (“Carta d'identità elettronica e carta nazionale dei servizi”) del CAD.
Infine, sempre in relazione al contenuto dell’articolo in esame, la Commissione speciale osserva che quest’ultimo procede ad inserire all’art. 64 del CAD due nuovi commi, ovvero il comma 2-octies - in base al quale “le pubbliche amministrazioni consentono mediante SPID l’accesso ai servizi in rete da esse erogati che richiedono identificazione informatica” - ed il comma 2-nonies, secondo cui “l’accesso di cui al comma 2-octies può avvenire anche con la carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi”.
Ai sensi delle succitate novelle, quindi, l’accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni sarà possibile esclusivamente tramite SPID, carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi, superando in tal modo la previgente disciplina recata dall’abrogato comma 2 dell’art. 64 del CAD, il quale prevedeva che “le pubbliche amministrazioni possono consentire l'accesso ai servizi in rete da esse erogati che richiedono l'identificazione informatica anche con strumenti diversi dalla carta d'identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi, purché tali strumenti consentano l'individuazione del soggetto che richiede il servizio”.
In relazione a quanto esposto la Commissione speciale rileva che, in base alle succitate novelle, dalla data di entrata in vigore del decreto in esame e fino all’effettiva predisposizione dello SPID da parte dei singoli enti di cui all’art. 2, comma 2 del CAD, i soggetti privati potranno accedere ai servizi in rete delle pubbliche amministrazioni - ai sensi delle disposizioni precedentemente richiamate - solo attraverso la carta d’identità elettronica e la carta nazionale dei servizi e non anche attraverso “strumenti diversi” da questi ultimi, come invece previsto in precedenza dalla disciplina di cui al citato art. 64, comma 2 del CAD: pertanto, in ragione di quanto precede, si invita l’Amministrazione a valutare la possibilità di introdurre una disciplina transitoria che consenta ai soggetti privati non in possesso della carta d'identità elettronica e della carta nazionale dei servizi, nelle more della definitiva implementazione dello SPID, di accedere comunque ai servizi erogati in rete dalla pubblica amministrazione, al fine di evitare che le disposizioni in esame possano comportare un rallentamento nel raggiungimento dei condivisibili obiettivi posti dalla riforma in tema di digital first.
7.11. L’articolo 64 procede ad abrogare - in conformità con quanto previsto dal criterio direttivo recato dall’art.1, comma 1, lettera r) della più volte citata norma di delega - alcune disposizioni a far data dall’entrata in vigore del decreto legislativo in esame.
Nell’ambito delle abrogazioni effettuate dal succitato articolo, la Commissione speciale osserva che quest’ultimo non procede ad abrogare l’art.16, comma 12 del d.l. n. 179 del 2012, ai sensi del quale “al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche … comunicano al Ministero della giustizia … l'indirizzo di posta elettronica certificata … a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L'elenco formato dal Ministero della giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati”.
Pertanto, a seguito dell’entrata in vigore del presente schema, vi saranno due distinti registri recanti gli indirizzi PEC della pubblica amministrazione, ovvero il registro di cui al citato art. 16, comma 12 - accessibile esclusivamente da parte dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati - ed il registro previsto dal novellato art. 6 ter (“Indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi”) del CAD.
Inoltre, l’art. 64, comma 5, lettera a) introduce un modifica all’art.16 ter del d.l. n.179 del 2012 prevedendo che anche il registro previsto dall’art. 6 ter del CAD contenga indirizzi validi “ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale”, con la conseguenza che il registro previsto dal CAD avrà anche funzioni analoghe a quelle svolte, in materia di notifiche di atti processuali, dal registro di cui all’art. 16, comma 12 del d.l. n.179 del 2012.
Al fine di evitare, quindi, le sovrapposizioni che derivano dalla succitata normativa, la commissione speciale invita l’Amministrazione a porre in essere le necessarie azioni di coordinamento fra le norme che disciplinano i predetti registri, nell’ambito di un procedimento di rivisitazione dell’intera materia dei pubblici registri, atteso che la succitata problematica s’inserisce in un contesto nel quale sono presenti anche altri registri quali ad esempio l’INI-PEC e il ReGIndE.”
7. Osservazioni di cui al n. 9 del parere interlocutorio del 16 marzo 20169: “9. Infine, per quanto concerne il profilo redazionale, la Commissione speciale suggerisce all'Amministrazione, in sede di stesura definitiva del presente schema, di:
a) raggruppare i riferimenti normativi contenuti nel preambolo seguendo l’ordine gerarchico delle fonti e, all’interno di detto criterio, ordinare le fonti stesse in ordine cronologico;
b) sostituire, all’art. 7, comma 1, lettera a), le parole “Esso costituisce…” con le seguenti: “Gli indirizzi PEC inseriti in tale Indice costituiscono…”, al fine di meglio esplicitare il contenuto di tale disposizione;
c) inserire, all’art. 7, comma 1, lettera b), dopo le parole “all’articolo 64…” le seguenti: “comma 2-sexies…”, al fine di individuare più puntualmente il decreto cui fa riferimento la citata disposizione;
d) inserire, all’art. 11, comma 1, lettera a), dopo la locuzione “14 bis…”, le parole: “…comma 2, lettera b)”, al fine di individuare più puntualmente l’articolo cui fa riferimento la citata disposizione;
e) inserire, all’art. 13, comma 2, lettera f), dopo le parole “piani triennali approvati…” e prima delle parole “è reso…”, le seguenti parole: “Il parere…”, per il medesimo fine di cui alla precedente lettera b);
f) sostituire, all’art. 27, comma 1, lettera b), le parole “acereditato dall’organismo…” con le seguenti: “accreditato dall’organo…”, per il medesimo fine di cui alle precedenti lettere b) ed e);
g) all’art. 44, comma 1, lettera c), sopprimere la parola “ne…” e inserire, dopo la parola “riutilizzo…” le seguenti parole: “di tali dati e metadati…”, per il medesimo fine di cui alle precedenti lettere b), e) ed f);
h) sostituire, all’art. 53, comma 1, lettera b), la parola “octies…” con la seguente: “nonies...”, al fine di individuare più puntualmente il comma cui fa riferimento la citata disposizione;
i) sostituire, all’art. 62, comma 1, la parola “dal…” con le seguenti: “dall’articolo 71 del…” al fine di individuare più puntualmente le regole tecniche cui fa riferimento la citata disposizione;
l) sostituire, all’art. 63, comma 1, secondo periodo, la lettera “f…” con la seguente lettera: “e…”, per il medesimo fine di cui alla precedente lettera c);
m) sostituire, all’art. 63, comma 3, il numero “8…” con il seguente: “9…”, per il medesimo fine di cui alla precedente lettera d);
n) sostituire, all’art. 63, comma 4, il numero “22…” con il seguente: “26…”, per il medesimo fine di cui alle precedenti lettere d) e m);
o) sostituire, all’art. 63, comma 5, la parola “da…” con le seguenti: “dall’articolo 27 del…”, al fine di rendere la citata disposizione omogenea, sotto il profilo redazionale, rispetto al resto dell’articolato.”
P.Q.M.
La Commissione speciale esprime parere favorevole con l’osservazione formulata al n. 3 del presente parere relativamente all’individuazione del capitale sociale richiesto per l’accreditamento dei gestori dell’identità digitale aderenti allo SPID nonché con le osservazioni di cui ai numeri 7 e 9 del parere interlocutorio del 17 marzo 20.

 

 

L' ESTENSOREIL PRESIDENTE
Claudio BocciaFranco Frattini
 

 

 

 

IL SEGRETARIO
Gianfranco Vastarella

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