lunedì 11 maggio 2015

Cassazione e Croce rossa. Enunciato un principio di diritto


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La Suprema Corte utilizza il principio di diritto per dirimere le controversie che le vengono poste, esprimendo il proprio orientamento su una questione giuridica


In tal modo essa indica la corretta ed esatta interpretazione della norma da applicare o la modalità in cui la norma debba essere applicata.
L'esposizione del principio di diritto, è di rilevante importanza pratica, infatti, il giudice del giudizio di rinvio, non avrà altra possibilità di scelta, che applicare, alla fattispecie concreta, la norma nel senso in cui è stata interpretata dalla Corte di Cassazione nella propria sentenza.

quale principio?


«Nel regime precedente la riforma dell'ente C.R.I. di cui al d.lgs. 28 settembre 2012 n. 178 e la conseguente nuova disciplina del personale, i dipendenti dell'ente con contratto di lavoro a tempo determinato avevano diritto ad accedere, a domanda, alla procedura di stabilizzazione dei lavoratori precari di cui all'art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria per il 2007) e quindi avevano diritto ad essere assunti a tempo indeterminato ricorrendo le condizioni contemplate da tale disposizione - che prevedeva che la domanda diretta ad ottenere la stabilizzazione poteva essere proposta dal personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che aveva conseguito tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che era stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2007, purché fosse stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (in mancanza delle quali la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse da quelle concorsuali era condizionato al previo espletamento di prove selettive), e che altresì prescriveva che tali assunzioni fossero autorizzate secondo le modalità di cui all’art. 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 - senza che alcuna priorità fosse possibile in favore del personale con contratto di lavoro temporaneo che avesse prestato servizio presso l’ente stesso rispetto al personale, parimenti con contratto di lavoro temporaneo, ma che avesse prestato servizio presso altri enti e segnatamente in posizione di distacco presso le Aziende Sanitarie Locali, essendo tale differenziazione, presente nel bando dell'ente del 15 novembre 2007 (avviso in Gazzetta Ufficiale, Concorsi ed esami, n. 95 del 30 novembre 2007), contraria al principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.) e di non discriminazione nel rapporto di lavoro (ex d.lgs. n. 216 del 2003)».

Cosa accadrà?

Non  è possibile prevedere con certezza il futuro, ma (i un mondo dove il buonsenso non sia solo una parola) il fatto che la Suprema corte abbia espresso un principio di diritto dovrebbe mettere la parola fine a numerose cause in essere: infatti sarebbe antieconomico per il datore di lavoro proseguire le cause certo ormai di non vedersi riconosciuta ragione in casi come quello sopra riportato


venerdì 8 maggio 2015

Il (finto) VOLONTARIO e il volontario

Orami tutte le settimane  mi capita di vedere gente che pratica (o almeno dichiara di praticare) volontariato "Umanitario" o meglio ancora "Internazionale" senza però occuparsi dei bisogni o problemi di chi sta nella porta accanto, al di là della strada, ma con grade attenzione a cercare di far apparire il proprio nome su giornale.


Sono cose che non dovrebbero escludersi a vicenda, ma andare
per il mondo potendo dire con falsa modestia  "sono stato decorato... il giornali hanni scritto di me" sembra attrarre molto di più.

Mi domandavo incuriosito il perché di questo fenomeno, non raro da osservare.

Noto che molti si sentono gratificati nel darsi da fare anche in giro per il mondo, abbracciare nobili cause, sentirsi paladini di grandi ideali umanitari, difensori di solidarietà di ogni genere: da quella verso gli esseri umani sofferenti, a quella verso gli animali abbandonati e bisognosi di aiuto.

Pur apprezzando  questi valori, e stimando coloro che li incarnano e li fanno propri con dedizione, fatica e sacrificio personale, a volte mi sorgono delle riflessioni dopo avere notato alcune contraddizioni evidenti in questi volontari.

Lungi da me il volere generalizzare, ma osservo che taluni di questi praticanti il volontariato sono completamenti disattenti alle realtà di fatica delproprio vicino, dei conoscenti della cerchia ristretta in cui vivono.

Anzi, spesso diventano loro per primi degli "aguzzini", dei prepotenti e in nome di una "nobile causa" generano sofferenza inutile e gratuita.

E’ come se i disagi di chi sta loro intorno fossero poca cosa rispetto alle grandi difficoltà di chi è distante, delle tragedie di chi vive in paesi lontani.

Credo, forse provocatoriamente, che anche in questo caso ci sia lo zampino
dell’ego.
Mi sovviene di riflettere che amare l’umanità in quanto tale, occuparsi delle grandi cause, sia più gratificante per l’ego che dare una piccola a mano a chi ci sta accanto. Mi sembra che possa inorgoglire di più contribuire a salvare qualcuno in qualche posto difficile, lontano da casa, che portare un sacco di spazzatura, o fare qualche lavoretto utile in casa, o tenere in ordine la nostra stanza…per alleviare la fatica di nostra madre o di nostro padre, per fare un piccolo esempio.
Oppure semplicemente salutare le persone che incontri con un sorriso negli occhi e non salutare solo i potenti o chi può essere utilizzato per la "grande e nobile causa"
E di esempi se ne potrebbe fare tanti in questo senso. Se guardassimo con onestà dentro di noi potremmo vedere quanto siamo distratti rispetto a queste incombenze che ci circondano.

Perché noi guardiamo sempre altrove. Questo ci fa sentire migliori, ci fa sentire impegnati in qualcosa di veramente significativo. Non abbiamo lo sguardo che si posa sulle sofferenze e stanchezze contigue, sul dolore che urla nel silenzio dei nostri pianerottoli, nelle nostre strade. Insomma, noto che l’ego si sente più utile e importante se fa le cose in grande: azioni che possono essere notate e messe in qualche modo in mostra. Che la nostra vanità spirituale trova nutrimento maggiore nel fare del bene a chi è lontano piuttosto a chi è vicino.

Magari questo vicino, paradossalmente, non lo salutiamo nemmeno.

Ebbene, ho imparato a diffidare a chi troppo spesso si pone in vista, si fa fotografare in mezzo ai bambini o mentre dona il proprio tempo...
Una fotografia ritrae un istante, in quell'istante spesso si è in posa per il fotografo e poi, se nessuno ci sta fotografando, ecco che ci aiuta la tecnologia e sempre di più ecco autoritratti o selfie da pubblicare per autocelebrasi.
Diffido di chi con dialettica fa discorsi pomposi...
Diffido di chi racconta sempre e comunque quanto il proprio sforzo, la propria persona sia importante...
Diffido di chi si presenta dicendo "sono un volontario"
Diffido di coloro che si vestono bene oppure che si
Diffido di coloro che non dicono  "sono lieto che vada meglio ma io ho fatto ben poco, casomai ringraziate gli altri che hanno donato il loro tempo..."
Diffido di coloro che pubblicano ogni 2 minuti proprie foto da volontari e raccontano il proprio impegno quotidiano in prima persona.

Invece ho imparato ad amare il silenzio di molti i quali non noti lavorano, vivono la propria famiglia e se incontrano qualcuno in difficoltà li aiutano come possono, anche fosse solo con un sorriso ed una parola ed un poco del proprio tempo senza cercare di farsi fotografare per forza...


Apprezzo poi quei Volontari che pur ricoprendo un ruolo di visibilità non parlano mai di quanto sono stati bravi, bensì di quanto c'è ancora da fare...

"....Portò ad una locanda quell'uomo percosso e senza averi e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede al locandiere, dicendo: «Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno»."Ma non andò in piazza a vantarsi del proprio gesto, partì per andare a lavoro come tutti i giorni...

Questi sono a mio avviso i Volontari o, se preferiti, Uomini e Donne di Buona Volontà

giovedì 7 maggio 2015

(DIS) INFORMAZIONE

Cos'è la disinformazione? Sono informazioni false, fuorvianti, non oggettive o non complete, che alterano la realtà dei fatti ed ingannano, confondono o modificano le opinioni verso una persona, un argomento o una situazione.
Dal dizionario Treccani:

Diffusione intenzionale di notizie o informazioni inesatte o distorte allo scopo di influenzare le azioni e le scelte di qualcuno (per es., dei propri avversari politici, dei propri nemici in un conflitto bellico, e sim.).

Mancanza o scarsità d’informazioni attendibili su un determinato argomento, e spec. su fatti e avvenimenti sui quali si dovrebbe essere informati.


Nei commenti se volete indicate qualche esempio di disinformazione ne potremo parlare insieme.

mercoledì 6 maggio 2015

Siate loro vicini (LEGGETELA TUTTA!) #CEM

Siate loro vicini.



LA MAMMA DI BARBARA (Una Storia VERA)
“Figlia mia, devo farti il forcipe, non sentiamo più il battito del bambino”- Ormai avrebbero potuto farmi qualsiasi cosa, era dal giorno prima che si era aperto il parto e mi avevano portato in sala travaglio, da quel momento non mi avevano permesso né di mangiare, né di bere. Avevo un caldo terribile e tanta sete, i dolori non mi avevano permesso di dormire, ogni tanto un’ostetrica mi visitava e diceva:-“C’è tempo, è primarola e non sopporta i dolori” Ma io, i dolori, non li sopportavo perché erano atroci. La camicia da notte rosa, che mi avevano regalato per le mie nozze, era zuppa di sudore. Mi avevano messa in posizione da parto e lasciata sola, non sapevo cosa fare credevo che sarei morta. Visto che stavo perdendo conoscenza hanno chiamato il primario che si è accorto che la situazione era molto grave, mi hanno anestetizzata e, da quel momento, è cominciato il dramma della mia vita. “Come ti chiami?”-“Celestina”- “Hai avuto una bambina”. Ero stordita e avevo dato il nome di mia sorella invece del mio. La bambina era stata portata via, aveva sofferto, il forcipe le aveva lesionato l’emisfero sinistro del cervello ed era nata asfittica e rianimata, aveva un giro di cordone ombelicale che l’avvolgeva intorno al corpo, per questo non riusciva a nascere. A quei tempi non c’era ancora l’apparecchio per l’ecografia ed avevano perso troppo tempo, incuranti delle mie grida di aiuto, era il 2 maggio 1967. Ero in un tale stato di sofferenza che non riuscivo nemmeno a chiedere di vedere la mia bambina, non avevano saputo dirmi quanti punti mi avevano messo tra interni ed esterni, mi avevano messo un tampone per evitare un’emorragia. In seguito ero stata riportata nel mio letto nella lunga corsia che ospitava molti letti, su due file, separati da un divisore dalla parte della testa, ho visto una sola infermiera che si occupava di tutte noi. Credo di aver dormito fino al giorno dopo, avevo solo bevuto dell’acqua. La mattina dopo avevo bisogno di andare in bagno e mia suocera, che era venuta ad assistermi, aveva chiesto la padella all’infermiera ma questa si era rifiutata :”Deve andare al bagno come tutte le altre”. I gabinetti, in comune, erano al di là del lungo corridoio ed era difficile andarci per chi non aveva problemi, per me sarebbe stato impossibile, alla fine, pressata dalla necessità, avevo messo i piedi a terra ed ero svenuta. “Ha avuto un parto difficile ed ha perso molto sangue, datele un ricostituente.” Quando ho aperto gli occhi un medico mi stava vicino, saputo dell’accaduto era venuto a visitarmi. I giorni seguenti stavo peggio, ogni volta che mi facevano una puntura per la pulizia dell’utero avevo dei dolori così forti che dovevo aggrapparmi alle sbarre del letto e le lacrime scorrevano da sole, avevo la febbre e mi avevano portato la mia bambina, era bellissima, assomigliava ad una bambola di porcellana, a carica, che avevo da quando ero piccola. Stavo talmente male che, quando l’infermiera di turno l’ha portata via, allarmata dal pianto doloroso che faceva, nemmeno me ne sono accorta. Il giorno dopo un’ostetrica voleva mettermi una candeletta per la pulizia dell’utero ma non riusciva a farla entrare, insospettita mi ha visitata e si è subito resa conto che si erano dimenticati di togliermi il tampone, messo dopo il parto. Nel frattempo la bambina si era aggravata, l’avevano messa dentro un’incubatrice in una stanzetta, da sola e, il giorno della Festa della Mamma è stata battezzata, eravamo al di là del vetro a piangere di dolore, l’abbiamo chiamata BARBARA. Mi avevano ricoverata tre giorni prima che nascesse ed ero felice, dopo dodici giorni dal parto sono uscita in vestaglia, con le pantofole, sorretta da mio marito e da mio cognato, ed ero distrutta, avevo firmato per tornare a casa. Barbara è rimasta ricoverata in gravi condizioni, superando anche tre giorni di coma, non ci davano più speranze di salvezza, né ci informavano di quali sarebbero state le gravi conseguenze se si fosse salvata. Anche le infermiere che l’assistevano piangevano con me vedendo come lottava per vivere, vedevo il suo petto che si sollevava affannosamente per respirare e mi sentivo impotente e addolorata perché non potevo aiutarla. Dopo numerosi tentativi, da parte dei medici, si è salvata, un mese e sei giorni dopo la nascita è tornata a casa, la gioia di averla è stata immensa e l’abbiamo amata e curata con molti sacrifici. Oggi BARBARA è “una bambina” di 48 anni, che vive in un Centro di Educazione Motoria, CEM, a Roma, da quando aveva 4 anni e mezzo, l’unico Centro in Italia dove ha avuto le cure necessarie per non farla vivere in uno stato vegetativo, una scelta difficile e sofferta di cui non mi pento perché è riuscita a fare quello che, molti medici, fra i migliori, avevano escluso."

Questa la testimonianza della Mamma di Barbara  estratta da ""La mia storia ti appartiene""

Come potete regale un sorriso? con il 5 X1000?
ci risponde sempre la Mamma di Barbara
 

"il 5 x mille è molto importante ma, quello di cui abbiamo più bisogno è che la Croce Rossa assista con Rispetto i nostri Figli che vivono all'interno del CEM, nella sede del Comitato Provinciale di Roma. Stiamo vivendo periodi molto difficili e con un'assistenza ridotta al minimo."

Ecco il mio invito a coloro che conosco, che mi stimano e anche a coloro che non mi stimano: mettevi in contatto, donate il vostro tempo, le vostre idee, un sorriso!
Sono molto importanti.

Se non avete la possibilità perchè la vitaè frenetica e il tempo manca allora pensate se destinare il 5 X 1000 a questa realtà positiva di genitori come la Mamma di Barbara

Siate loro vicini.



A.GE.CEM onlus
C.F.- 97053440588
agecemonlus@gmail.com

Via B. Ramazzini, 31 - 00151- Roma.


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