Il presidente nazionale della Croce Rossa Italiana ha emanato lo scorso agosto
l’ordinanza presidenziale n. 0229/14 mediante la quale sono stati approvati i due statuti standard che riguardano i comitati locali e provinciali.
Come è già stato segnalato su queste pagine (vedi nelle notizie
correlate. "Quello onlus parziali e spintanee"), i comitati locali e i
comitati provinciali della CRI, a seguito della mancata adozione di uno
statuto adeguato, si sono trovate in un vuoto normativo tale da mettere
in discussione sia la loro natura di associazione di promozione sociale
(Aps), come invece è affermato nell’art. 1-bis del d.lgs. 178/2012, sia
quella, addirittura, di ente di tipo associativo ai fini dell’art. 148
TUIR con una serie di spiacevoli effetti che nemmeno l’intervenuto d.m.
16/04/2014 poteva evitare.
Ora i due statuti standard sono stati formulati e dovranno
essere adottati da ciascuna unità affinché possano diventare operativi.
Al momento, infatti, l’unico statuto a disposizione di ogni unità
locale è quello adottato nel 2005 a livello nazionale, incompatibile con
il nuovo assetto organizzativo che il legislatore ha disposto per le
unità locali della CRI.
Affinché il nuovo statuto possa esplicare i propri effetti dovrà essere
perciò oggetto di apposita delibera assembleare di ciascuna unità
locale di Croce Rossa e, entro 20 giorni dalla data della delibera di
approvazione, dovrà essere sottoposto a registrazione presso l’Agenzia
delle Entrate.
Facciamo perciò un paio di conti perché la cosa non è indolore:
• è dovuta imposta di registro in misura fissa pari a 200 euro;
• è dovuta l’imposta di bollo nella misura di 16 euro ogni 4 facciate da 25 righe ciascuna.
Essendo lo statuto alquanto articolato (sono all’incirca 30
pagine e ogni pagina contiene tra le 30 e le 40 righe), l’imposta di
bollo sarà alquanto salata: indicativamente (non ho contato
quante sono effettivamente le righe) la spesa dovrebbe aggirarsi sui 320
euro per lo statuto in senso stretto e 32 euro per il verbale
dell’assemblea straordinaria e questo perché un originale degli atti in
questione resta all’Agenzia delle Entrate e l’altro è restituito alla
parte che ne ha chiesto la registrazione. E intanto che siamo in
argomento ricordo che l’imposta di bollo è dovuta sin dall’origine
dell’atto e quindi dal momento in cui l’assemblea si tiene. Le marche da
bollo recano una data di emissione che perciò dovrà essere contestuale
all’assemblea o anteriore ad essa.
Non è raro assistere agli uffici dell’Agenzia delle Entrate che, con
pazienza certosina, sanzionano l’apposizione delle marche da bollo
recanti una data di emissione posteriore a quella dell’atto.
In tutto, solo per costi vivi di registrazione, si parla di
circa 600 euro che ogni unità locale dovrà spendere per la registrazione
del proprio statuto, importi destinati a lievitare se l’unità locale
intendesse iniziare la procedura di riconoscimento della personalità
giuridica: ai costi si aggiungerebbero quelli di un notaio che redigerà
l’atto in forma di atto pubblico.
Sarà poi quanto mai opportuno procedere alla compilazione (ora sì che
sarà corretta) del modello EAS, in mancanza del quale non scattano i
benefici di cui agli artt. 148 TUIR e 4 d.P.R. 633/72 di cui si è
parlato nei miei precedenti interventi su queste pagine.
Due parole vanno spese sul concetto di personalità giuridica a
cui negli statuti si fa cenno un po’ a sproposito ingenerando confusione
sul tema.
Vale la pena di ricordare che nell’ambito degli enti senza finalità di
lucro, il concetto di personalità giuridica permette all’ente di
limitare la propria responsabilità patrimoniale al patrimonio dell’ente
stesso, un po’ come succede per le società a responsabilità limitata.
Nelle associazioni non riconosciute (quindi senza personalità
giuridica) la responsabilità patrimoniale è illimitata e quindi si
estende anche a coloro che hanno agito in nome e per conto
dell’associazione, vale a dire al presidente (legale rappresentante) e a
quei componenti del consiglio direttivo che avevano specifiche deleghe
sulla materia che ha generato l’obbligazione.
Al momento, nell’ordinamento giuridico italiano non è previsto il
beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’associazione.
In altri termini il creditore dell’associazione può “aggredire”, a sua
discrezione, tanto il patrimonio dell’associazione quanto quello di uno
qualsiasi dei componenti del consiglio direttivo, se coinvolto nel fatto
che ha generato l’obbligazione patrimoniale.
Per ottenere il riconoscimento della personalità giuridica occorre
attivare il procedimento di cui al d.P.R. 361/2000 oppure quelli
previsti dalle leggi regionali per quelle organizzazioni che svolgono
attività limitata all’ambito regionale.
I comitati locali e provinciali della CRI, in linea di massima, dovrebbero perciò rivolgersi alle regioni di riferimento.
La regione Emilia Romagna, per esempio, prevede che le associazioni abbiano un patrimonio minimo di 25.000 euro e
che tale importo sia riferito a risorse patrimoniali liquide, in quanto
non può essere considerato in tale ambito il valore economico di
immobili o di beni strumentali (attrezzature, arredi, beni museali,
documentali ed artistici) soggetti a valutazione autonoma.
Già questo assunto può mettere in seria difficoltà le organizzazioni
poiché le unità locali spesso hanno il loro patrimonio costituito dagli
automezzi speciali in loro dotazione (ambulanze, pulmini, automediche)
ma una liquidità abbastanza limitata, spesso costituita dai crediti
verso le ASL per i servizi resi in convenzione.
Nell’ambito di tale limite minimo, è anche richiesto che una parte
corrispondente ad almeno la metà dell’importo del fondo patrimoniale (e
quindi 12.500 euro) sia espressamente destinato a costituire un "fondo
patrimoniale di garanzia” vincolato, affinché sia assicurata la
necessaria garanzia patrimoniale verso i terzi. Tale fondo patrimoniale
di garanzia dovrà essere previsto nello stato patrimoniale del bilancio
con specifica menzione e dovrà essere istituito (se non già indicato
all’atto di costituzione dell’Ente per le Fondazioni), con apposita
deliberazione dell'organo decisionale dell'Ente che ne precisi l'importo
e ne dichiari l'indisponibilità per esigenze gestionali.
Il fondo patrimoniale di garanzia potrà consistere in titoli con
vincolo pluriennale o in altra forma di deposito bancario vincolato.
La Regione si riserva la facoltà di richiedere di destinare a
patrimonio di garanzia anche importi maggiori rispetto a quelli indicati
in via minimale, sempre in relazione ai criteri valutativi espressi
(finalità perseguite dall’Ente e della garanzia dei terzi).
Al termine del procedimento istruttorio, la Regione iscrive l’ente nel registro delle persone giuridiche.
Dire perciò che i comitati locali abbiano la “personalità giuridica di
diritto privato” è, a parere di chi scrive, un’imprecisione. Sarebbe più
appropriato affermare che il comitato locale o provinciale è
un’associazione di diritto privato e basta. Il concetto di personalità
giuridica è cosa assai diversa.
I due modelli di statuto sono sostanzialmente identici e
contengono quanto necessario per poter essere iscritti nei registri
provinciali delle associazioni di promozione sociale. Qualora
il procedimento fosse stato già avviato, sarà necessario integrare la
documentazione già presentata con la copia del nuovo statuto registrato,
sperando poi che il funzionario di turno non cavilli (come spesso
accade) sul contenuto dello statuto stesso, visto e considerato che non
vi è possibilità di deroga dal testo trasmesso dal Comitato Centrale.
Soffermiamoci ora sui rapporti tra unità locali e Associazione della
Croce Rossa Italiana perché si scoprono alcune cose interessanti.
La prima è che le unità locali diventeranno da qui a poco delle
associazioni di promozione sociale, associate ad un’associazione che Aps
non è. Questo lo si evince dal fatto che, in virtù del d.lgs. 178/2012,
la deadline per l’associazione madre è stata prorogata al 1° gennaio
2015, salvo ulteriori proroghe.
Gli effetti pratici di questa situazione sono che l’intera operazione
si potrà dire perfetta non appena anche l’ultima tessera sarà
posizionata nel mosaico: solo dopo l’ingresso dell’Associazione della
Croce Rossa Italiana nel mondo delle Aps, ci sarà un vero e proprio
collegamento organico tra essa e le unità locali.
Chi scrive è ancora dell’opinione che questa situazione comporti
forzature giuridiche in tema di legislazione Onlus, ancorché sia
intervenuto il d.m. 16/04/2014: nel d.lgs. 460/97 (art. 10, comma 9) ci
si riferisce alle Aps a carattere nazionale i cui fini assistenziali
erano stati riconosciuti dal Ministero dell’interno. La riforma delle
Aps (legge n. 383/2000) è avvenuta successivamente e il riconoscimento
delle attività assistenziali avviene ora al momento dell’iscrizione
dell’Aps nel registro provinciale/regionale/nazionale.
Per quanto di conoscenza di chi scrive, nessuna amministrazione è
ancora intervenuta su questo tema ma è plausibile ritenere che una Aps
possa essere Onlus parziale, come indicato nel d.lgs. 460/97, proprio
perché le viene riconosciuto il carattere assistenziale al momento
dell’iscrizione nel registro di competenza.
Perciò mentre le unità locali della CRI sono considerate Aps
(ovviamente quando avranno adottato lo statuto) si troveranno
inscidibilmente collegate ad un ente che ancora ha natura pubblica il
che contrasta con il regime Onlus: qui l’influenza dominante è talmente palese che il modello statutario viene imposto con ordinanza presidenziale.
Insolita è l’interpretazione del termine “assemblea straordinaria”:
nelle unità locali l’assemblea straordinaria è tale se è convocata al
di fuori delle canoniche due volte l’anno. In realtà un’assemblea dei
soci è straordinaria quando l’ordine del giorno porta argomenti di
natura straordinaria quali la modifica dello statuto o lo scioglimento
dell’ente. Non si tratta di un peccato del tutto veniale poiché il
codice civile prevede maggioranze diverse a seconda della riunione
ordinaria o straordinaria dell’assemblea dei soci.
Un appunto alla contabilità e al bilancio. Io sono ragioniere e
non me lo posso lasciare sfuggire. Nell’art. 36.5 si afferma che il
comitato locale o il comitato provinciale devono conseguire il pareggio
di bilancio. E’ assai probabile che chi ha scritto la norma proviene dal settore pubblico dove tale situazione è un chiodo fisso.
Negli enti di diritto privato, dal punto di vista dell’economia
aziendale, è preferibile che al termine dell’esercizio si manifesti una
propensione a conseguire un avanzo di gestione: ciò consente il suo
accantonamento a riserva e quindi, nel futuro, la possibilità di
rinnovamento dei fattori economici che partecipano al processo di
attività aziendale.
Conseguire un avanzo di gestione in un ente non profit non è peccato.
E’ peccato (mortale!) se tale avanzo viene distribuito tra i soci.
Sulla questione “Onlus”, a parere di chi scrive, sarebbe opportuno
procedere con cautela a richiedere i benefici Onlus poiché
l’associazione madre non ha ancora la caratteristica di ente di diritto
privato, al momento esercita un’influenza dominante e non è ancora una
Aps.
Perciò lo stesso si dica per quanto riguarda i benefici fiscali
previsti per le erogazioni liberali di cui all’art. 14, d.l. 35/2005 (“+
dai – versi”) destinati alle Onlus e alle Aps di carattere nazionale:
sino a quando il quadro non sarà completo, le erogazioni liberali
daranno luogo solo ai benefici di cui all’art. 13-bis, comma 1, lettera
i-quater, TUIR. E’ appena il caso di ricordare che l’utilizzo dei
benefici fiscali di cui all’art. 14, d.l. 35/2005 è sanzionato in solido
tanto l’ente quanto gli amministratori (tutti) per le maggiori imposte
accertate e per le sanzioni applicate.
Infine, una buona notizia: per le unità locali sarà possibile iscriversi agli elenchi del 5 per mille dal prossimo anno.